ROMA, Marcigliana. Tenuta di Livio. Splendida Proprietà, molto suggestiva, incastonata nella Riserva Naturale della Marcigliana.
ROMA, Marcigliana. Tenuta di Livio. Splendida Proprietà, molto suggestiva, incastonata nella Riserva Naturale della Marcigliana. Un'oasi di tranquillità, sufficientemente defilata ma a pochi minuti dal centro. Ben collegata e facilmente accessibile.
La Proprietà insiste su un’area di oltre 84.000,00 mq, con accesso dalla Via della Marcigliana. Si compone di quattro distinti edificati principali, oltre ai locali annessi ad uso tecnico e servizi.
- La Villa Romana: Si tratta di un edificio storico, di circa 1.200,00 mq coperti, distribuito su quattro livelli ad uso residenziale e costituente la residenza principale, dotata di rifiniture di pregio. La Villa - già citata nel testo saggio: Latium Vetus III - CRUSTUMERIUM di Lorenzo Quilici e Stefania Quilici Gigli - è impreziosita da numerosi reperti archeologici di epoca romana registrati come collezione privata presso la Soprintendenza Speciale Archeologica Belle Arti e Paesaggio di Roma - Prot.n.12990/18.
- La Dipendenza: Fabbricato ad uso abitativo, su due livelli, di circa 150,00 mq coperti.
- La Casa del Guardiano: Fabbricato ad uso abitativo di un solo piano, di circa 70,00 mq coperti.
- La Casa del Visitatore: Fabbricato ad uso abitativo, su due livelli, di circa 100,00 mq coperti, oltre corte riservata.
La Proprietà gode di servizi quali: piscina, campo da tennis, vasca romana, galoppatoio oltre ad un’intera collina con bosco privato dotato di percorsi naturalistici e suggestive grotte di ampie dimensioni. Un rifugio autentico… una opportunità unica.
VIRTUAL TOUR
https://roundme.com/tour/284073/view/895213
DETTAGLI
Strutture di cui si compone:
- Tenuta Storica
- Villa Romana
- Dependance
- Alloggio Ospiti
- Alloggio Guardiano
BENI ARCHEOLOGICI
- Collezione privata composta di 156 Reperti Archeologici
SUPERFICI
- 1.500,00 mq coperti
- 1.950,00 mq commerciali
- 84.000,00 mq, parco e terreno
SERVIZI
- Piscina
- Campo da Tennis
STORIA DELLA RISERVA NATURALE
Dopo la fine delle guerre che videro affermare la supremazia di Roma sulla penisola italica e nel Mediterraneo occidentale (IV – III sec. a.C.), le campagne si erano spopolate degli stessi contadini che avevano fornito all’esercito le proprie forze. Le vittorie sul campo di battaglia furono, quindi, da una parte la causa della crisi degli antichi equilibri agricoli e dall’altra, grazie alle nuove terre conquistate a disposizione e agli schiavi catturati, l’inizio di un nuovo corso produttivo.
Le forme di proprietà della terra agli inizi del II sec. a.C. erano tre: la proprietà medio piccola, dove lo stesso proprietario lavorava la terra; il latifondo, un vasto terreno di un solo proprietario, ma diviso tra più lavoratori liberi o schiavi; la villa, un possedimento di media estensione lavorato esclusivamente dagli schiavi, governati e gestiti dal fattore, detto vilicus, nella quale il proprietario vi risiedeva periodicamente. La villa, come modello d’impresa, costituì il perno dell’economia romana dal II sec. a.C. al II sec. d.C. imponendosi sui mercati del Mediterraneo e diffondendosi anche nelle regioni centrali della penisola come l’Etruria, il Lazio e la Campania.
La struttura della villa era divisa in questo modo: la pars urbana, vale a dire la zona residenziale abitata dal padrone tra lussi e comodità, e la pars rustica destinata agli schiavi, agli animali e al deposito degli attrezzi. Infine la pars fructuaria utilizzata per la lavorazione e la conservazione dei prodotti.
Tra il II sec. a.C. ed il I sec. d.C. il paesaggio del Municipio Montesacro e della Riserva Naturale della Marcigliana doveva presentarsi disseminato di ville con funzioni produttive, come testimoniato dai tanti ritrovamenti archeologici di frammenti di anfore e di grandi contenitori alimentari. Da fonti antiche sappiamo che l’attività produttiva si concentrava sulle colture dell’ulivo, della vite, dei frutteti e degli ortaggi.
Un primo cenno sulla fertilità delle campagne del territorio crustumino viene da Livio il quale racconta come già ai tempi di Romolo, a seguito della presa di Crustumerium dopo il noto ratto delle sabine “moltissimi coloni romani si offrivano di emigrare nel territorio crustumino, proprio a motivo della fertilità del suolo”. (Livio, I, 11, 4)
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